@article{Cosentino_Lupo_2017, title={Dissenting Design}, volume={2}, url={https://pianob.unibo.it/article/view/7697}, DOI={10.6092/issn.2531-9876/7697}, abstractNote={Nell’ambito della disciplina e della pratica progettuale del design (intesa nella sua accezione più ampia, di «strategic problem-solving process that drives innovation, builds business success, and leads to a better quality of life through innovative products, systems, services, and experiences» (ICSID, 2015) il conflitto ha da sempre avuto un ruolo fondamentale come impulso di evoluzione, di vera e propria rigenerazione culturale che si esprime attraverso le visioni degli artefatti, siano essi fisici o cognitivi, dei loro significati, dei loro ruoli, delle pratiche e delle relazioni, degli immaginari che essi creano e che ad essi si conferiscono. Gli artefatti danno voce, nelle loro forme e nei loro comportamenti, a conflitti a scala sociale e collettiva tra mondi e tra rappresentazioni – interiore/esteriore, passato/presente, tradizione/innovazione, individualità/standardizzazione – e per la loro pervasività, forza narrativa e creatrice di esperienze, si presentano come messaggeri, e interpreti al tempo stesso, dei dissensi e delle contrapposizioni della contemporaneità. L’atteggiamento speculativo del critical design ad esempio «uses speculative design proposals to challenge narrow assumptions, preconceptions and givens about the role products play in everyday life» (Dunne, Raby, 2013, p. 34): con i loro progetti Anthony Dunne e Fiona Raby contestano il potere del consumismo, delle marche e dell’uso precostituito degli oggetti; analogamente la design fiction (Sterling, 2005; Bleecker, 2009) rappresenta e indaga mondi distopici «in order to create a discursive space, where ’something’ may mean ’anything’»  (Lindley, Coulton, 2015, pp. 210-211). Ciò si traduce concretamente in forme di design “provocativo”, come ad esempio quello del Near Future Laboratory che propone un catalogo di fictional objects, ossia di prototipi extra-ordinari che potrebbero far parte della vita quotidiana e ordinaria del futuro prossimo. Lo stesso atteggiamento di visionarietà, unita alla capacità di envisioning del design, è tipica invece del filone della DesignArt (Coles, 2005; Lupo, 2011) dove estetiche di tipo tecnologico, simbolico e relazionale a cavallo tra arte e design si combinano per la generazione di artefatti  secondo una logica di innovazione disruptive e con attitudine critico-concettuale ben esemplificata anche dalla mostra oggetti disobbedienti (del designer Giulio Iachetti, Triennale di Milano 2008) «che si ribellano alle logiche di consumo, seminano dubbi e che ambiscono a essere qualcos’altro» (Iacchetti, 2009). Il saggio si propone di definire, esplorare, criticamente e fenomenologicamente, il fenomeno del design dissenziente, come atto non orientato semplicemente a soluzioni e bisogni ma come dispositivo di conversazione per un costante impegno sociale, politico e culturale.}, number={1}, journal={piano b. Arti e culture visive}, author={Cosentino, Simona and Lupo, Eleonora}, year={2017}, month={gen.}, pages={96–123} }