https://pianob.unibo.it/pianob/gateway/plugin/AnnouncementFeedGatewayPlugin/atom piano b. Arti e culture visive: Avvisi 2024-03-15T05:22:41+01:00 Open Journal Systems <strong>piano b – ISSN 2531-9876</strong> è una rivista digitale peer reviewed, edita dal Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna. Nata dall’incontro di docenti di varie università italiane, intende dare maggiore visibilità alle riflessioni critiche sui linguaggi delle arti del presente, creando spazi di dialogo e di scrittura intorno ai temi più dibattuti a livello scientifico e accademico, con un respiro ampio e uno sguardo lontano. https://pianob.unibo.it/announcement/view/626 Call for Papers: La partecipazione nelle pratiche artistiche: metodologia ed esperienze 2024-03-15T05:22:41+01:00 piano b. Arti e culture visive <p>A cura di Maria Giovanna Mancini, Emanuele Rinaldo Meschini e Roberto Pinto</p> <p><a href="https://drive.google.com/file/d/1kOOgvwng9d5L8ET1YnGMZV8G-ld_rvEM/view?usp=sharing">Scarica questa Call for Papers</a> (PDF)</p> <p>A partire dai primi testi che a inizio anni Duemila (Bishop 2006; Kester 2004) hanno iniziato a sistematizzare quelle pratiche artistiche che usavano come strumenti principali dialogo, partecipazione e attivismo politico, la letteratura critica in ambito internazionale si è necessariamente misurata con l’enorme diffusione di queste esperienze partecipative. Tali pratiche, sviluppatesi soprattutto nella sfera urbana, sperimentando nuove metodologie di azione – programmaticamente interdisciplinari – hanno contribuito a sovvertire ruoli e figure del sistema dell’arte, suggerendo un nuovo vocabolario e nuove competenze dell’operare artistico nello spazio pubblico.</p> <p>L’interesse per questo genere di attività non solo tra gli artisti e i progettisti, ma anche tra i committenti, ha incentivato l’istituzione di corsi di studio universitari, master e corsi curatoriali volti a formare figure ibride in grado di sviluppare progetti culturali con comunità fino a quel momento marginalizzate.</p> <p>L’ultima edizione della rassegna <em>documenta </em>(2022) a cura del collettivo indonesiano ruangrupa ha presentato una corposa panoramica di progetti sparsi in tutti i continenti privilegiando, in particolare, quelli provenienti da aree marginalizzate dal sistema dell’arte occidentalocentrico. Se consideriamo la diffusione delle pratiche artistiche partecipative a partire dagli anni Duemila possiamo affermare che sempre più artisti adottano tali pratiche sistematicamente nel loro lavoro, spesso abbandonando del tutto la dimensione oggettuale, si pensi, per esempio, al lavoro dell’artista cubana Tania Bruguera, al longevo progetto di Rick Lowe <em>Project Row Houses </em>o al lavoro del collettivo austriaco WochenKlausur. In molti casi l’indipendenza di queste pratiche da dinamiche legate al sistema artistico propriamente detto ha generato non pochi problemi di inquadramento critico-metodologico. Si è scelto di adottare il limite cronologico, seppur poroso, degli anni Duemila in senso strumentale al fine di avviare un dibattito sulle attuali fenomenologie della partecipazione piuttosto che contribuire a una ricognizione storica del fenomeno.</p> <p>La partecipazione all’interno della pratica artistica sembra essere diventata una vera e propria disciplina creatasi a partire da una commistione sempre più forte con metodologie e pratiche desunte soprattutto da antropologia, scienze sociali, urbanistica, pedagogia, teatro.</p> <p>Se la pratica artistica nel corso degli anni ha trovato una sua forma specifica – seppur sempre aperta e processuale –, la critica artistica sembra arrancare nel tentativo di definire e descrivere tali modalità di lavoro. Da una parte, infatti, la critica sembra ancorata a direttrici teoriche degli anni Novanta, dall’altra è strettamente indirizzata a una “descrizione” di casi studio per evitare i rischi di una posizione prescrittiva. In altri casi, sembra prevalere un approccio storico-artistico attraverso il quale questi interventi vengono inseriti in una narrazione essenzialmente storico-lineare (i primi testi di Bishop e Kester ricostruiscono il fenomeno a partire da “precedenti” come il Costruttivismo russo). Quello che però queste pratiche hanno dimostrato è un’apertura teorica e pratica che il metodo storico, seppur rigoroso, non sempre riesce a valorizzare in tutti i suoi aspetti.</p> <p>A partire da questa riflessione il prossimo numero della rivista intende avviare un dibattito circa le metodologie con le quali vengono analizzate e documentate le pratiche artistiche partecipative.</p> <p>Il numero intende promuovere – non esclusivamente – alcuni nuclei tematici come:</p> <ul> <li class="show">Il ruolo del critico e dello storico dell’arte nella produzione di opere partecipate</li> <li class="show">I metodi della ricerca partecipativa</li> <li class="show">Le modalità di rappresentazione della partecipazione nella dimensione espositiva</li> <li class="show">L’archiviazione e la storicizzazione delle pratiche partecipative</li> <li class="show">La persistenza di forme di attivismo e antagonismo a partire dagli anni Novanta</li> <li class="show">La ridefinizione dello spazio pubblico</li> <li class="show">La soggettività e i metodi di ricerca nelle pratiche partecipative</li> <li class="show">Le teorie e le pratiche in Italia</li> </ul> <p>Il numero della rivista sarà ampliato con alcuni contributi di artisti, <em>statement </em>e interviste ai protagonisti.</p> <p>&nbsp;</p> <h2><strong>Bibliografia essenziale</strong></h2> <p>Bishop C. (2012), <em>Artificial Hells: Participatory Art and the Politics of Spectatorship</em>, Verso, London.</p> <p>Bishop C. (2006), <em>The Social Turn: Collaboration and Its Discontents</em>, in «Artforum International», febbraio, vol. 44, n. 6., pp. 178-183.</p> <p>Charnley K. (2021), <em>Sociopolitical Aesthetics: Art, Crisis and Neoliberalism</em>, Bloomsbury, London.</p> <p>Dietachmair P., Gielen P. (eds.) (2018), <em>The Art of Civil Action: Political Space and Cultural Dissent</em>, Valiz, Amsterdam.</p> <p>Decter J., Draxler H., (eds.) (2014), <em>Exhibition as Social Intervention: ‘Culture in Action’ 1993</em>, Afterall, London.</p> <p>Finkelpearl T. (2013), <em>What We Made: Conversations on Art and social Cooperation</em>, Duke University Press, Durham-London.</p> <p>Kester G.H. (2011), <em>The One and the Many: Contemporary Collaborative Art in a Global Context</em>, Duke University Press, Durham-London.</p> <p>Kester G.H. (2004), <em>Conversation Pieces: Community and Communication in Modern Art</em>, University of California Press, Berkeley, Los Angeles, London.</p> <p>Miller J. (2016), <em>Activism vs. Antagonism: Socially Engaged Art from Bourriaud to Bishop and Beyond</em>, in</p> <p>«FIELD. A Journal of Socially Engaged Art Criticism», n. 3, Winter, https://field-journal.com/issue- 3/activism-vs-antagonism-socially-engaged-art-from-bourriaud-to-bishop-and-beyond.</p> <p>&nbsp;</p> <h2><strong>Come sottoporre un contributo</strong></h2> <p>Da questo numero, la selezione delle proposte non avviene più sulla valutazione di abstract, ma del contributo completo (30.000/40.000 battute, note e spazi inclusi). Cambia inoltre la modalità di invio delle proposte.</p> <p>Gli autori devono presentare gli articoli <strong><u>tramite la piattaforma della rivista</u></strong>, usando il processo di invio di una proposta in 5 passaggi.</p> <p>Il file dovrà contenere il testo della proposta senza che il nome dell’autrice o dell’autore appaia sotto al titolo, nelle note o nei riferimenti bibliografici (dove andrà sostituito con ***). Inoltre le proprietà del file dovranno essere prive di nomi o altri dettagli personali, mediante le funzioni di anonimizzazione fornite dai vari programmi di scrittura (vedere in merito le istruzioni su come <a href="https://pianob.unibo.it/about/submissions#%3A~%3Atext%3Dassicurare%20una%20revisione%20cieca">Assicurare una revisione a doppio cieco</a>).</p> <p>Il file anonimo del contributo dovrà essere caricato allo step 2 del processo. Il testo dovrà aderire alle linee guida indicate per la <a href="https://pianob.unibo.it/download/pianob/PianoB_NormeRedazionali.pdf">formattazione.</a></p> <p>I metadati della proposta saranno inseriti allo step 3 del processo e dovranno includere le seguenti informazioni:</p> <ol> <li class="show">Per ciascun’autrice e ciascun autore: nome e cognome, e-mail, identificativo ORCiD (se disponibile), affiliazione istituzionale, paese, e una biografia sintetica (massimo 1000 battute, spazi inclusi);</li> <li class="show">Titolo;</li> <li class="show">Abstract (massimo 1500 battute, spazi inclusi);</li> <li class="show">Cinque parole chiave separate da punto e virgola;</li> </ol> <p>I contributi potranno essere scritti in lingua italiana, inglese e francese. Proponendo un contributo in lingua italiana o francese, titolo e abstract dovranno essere forniti anche in inglese, tramite la funzione “Lingua dei moduli” presente sulla piattaforma.</p> <p><u>Non saranno prese in considerazione proposte inviate secondo altre modalità</u>.</p> <p>&nbsp;</p> <h2><strong>Tempistiche</strong></h2> <p>Le proposte dovranno pervenire entro il 19 luglio 2024. Ogni contributo sarà sottoposto a procedura di <em>double-blind peer review</em>. Se i giudizi delle/dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con le curatrici e i curatori) se assumere la decisione di pubblicazione o di invio a una/un terza/o referee. La redazione contatterà le autrici e gli autori per comunicare l’esito della valutazione.</p> <p>L’uscita del vol. 9 n. 1 è prevista per la fine dell’anno.</p> 2024-03-15T05:22:41+01:00 https://pianob.unibo.it/announcement/view/528 Call for Papers: Storia, teoria e pratiche femministe nell’arte del XX secolo 2022-07-29T12:43:08+02:00 piano b. Arti e culture visive <p>A cura di Cristina Casero e Raffaella Perna</p> <p><a href="https://drive.google.com/file/d/1bxq8RBgcNfSd14uzkSyX3jnDQddcJuyr/view?usp=sharing" target="_blank" rel="noopener">Scarica questa Call for Papers</a> (PDF)</p> <p>Nel dicembre del 1976 al County Museum di Los Angeles si apre la mostra <em>Women Artists: 1550-1950</em>, prima grande esposizione itinerante curata da Ann Sutherland Harris e Linda Nochlin dedicata alla riscoperta storico-critica del lavoro di oltre ottanta artiste, dal Rinascimento al Modernismo europeo e nord-americano. In occasione dei trent’anni dalla mostra, nel 2007, il Brooklyn Museum ne celebra la ricorrenza con un’altra ambiziosa esposizione, <em>Global Feminisms. New Directions in Contemporary Art</em>, a cura di Maura Reilly e Nochlin, con una selezione di autrici contemporanee attive dagli anni Novanta in varie parti del mondo: nei tre decenni che separano questi due progetti espositivi l’arte e la storia dell’arte sono andate incontro a profondi cambiamenti che si riflettono nei diversi criteri e nelle prospettive critiche e curatoriali alla base di queste mostre. Il dibattito critico portato avanti dagli studi di impostazione femminista negli ultimi quarant’anni ha toccato questioni complesse che implicano, tra l’altro, l’opportunità di riscrivere la storia o, per meglio dire, le storie dell’arte, a partire da un’ottica che tenga conto dell’esperienza di artiste poste ai margini del sistema dell’arte, che indaghi le motivazioni di tale marginalità e ponga in luce gli aspetti potenzialmente rivoluzionari di uno sguardo dal margine. La critica d’arte femminista si è interrogata sulla possibilità di rintracciare tratti specifici di un’arte delle donne, tenendo tuttavia presente l’insidia di formulare interpretazioni di carattere essenzialista, fondate su una concezione del femminile inteso come categoria biologica e astorica, sganciata da fenomeni sociali, culturali, politici ed economici. Con sguardo critico, la teoria femminista si è rivolta al proprio interno per mettere in discussione metodologie e modelli interpretativi, nella consapevolezza che per riscrivere la storia dell’arte non sia sufficiente aggiungere una lista di nomi di donne o l’ennesimo “ismo” a un’analisi storico-critica basata su criteri maschili. La critica d’arte si è inoltre interrogata, soprattutto negli anni Ottanta, sui legami tra femminismo, Modernismo e Postmodernismo e sulle aperture e i cambiamenti generati dalla prospettiva decoloniale e intersezionale. Gli studi femministi hanno affrontato in via prioritaria le relazioni ambigue e instabili tra arte, politica e soggettività, trovando punti di tangenza stretti con gli studi LGBTQ+, con l’obiettivo di porre in discussione il vigente sistema eteronormativo; hanno scandagliato le differenze tra azione e performance e il significato politico del corpo, facendo riferimento al contributo di altre discipline, come la psicoanalisi, la semiologia, la linguistica, la teoria cinematografica, l’antropologia, la sociologia. In questo contesto, la fotografia per il suo peculiare statuto di indice gioca un ruolo cruciale e si fa strumento privilegiato per molte artiste che lavorano su temi legati all’identità, al genere, alla sfera corporea, all’autoritratto.</p> <p>Da queste premesse muove la CFP <em>Storia, teoria e pratiche femministe nell’arte del XX secolo</em>, organizzata dal Centro di ricerca FAF - Fotografia Arte Femminismo nell’ambito delle attività promosse del PRIN <em>La fotografia femminista italiana. Politiche identitarie e strategie di genere</em>.</p> <p>&nbsp;</p> <p><span style="text-decoration: underline;"><strong>Il numero intende promuovere un approfondimento intorno ai seguenti temi</strong></span>:</p> <ul> <li class="show">La fotografia come linguaggio per esplorare l’identità di genere: il contributo delle donne nella fotografia e nella critica fotografica italiana del Novecento</li> <li class="show">I luoghi della fotografia femminista in Italia: riflessioni intorno a riviste, gallerie, archivi e musei che hanno favorito la visibilità e la circolazione del lavoro delle fotografe</li> <li class="show">Autoritratti fotografici: le donne come oggetto/soggetto della rappresentazione</li> <li class="show">Fotografia, performance e ruoli identitari: la dimensione politica del corpo nelle immagini fotografiche</li> <li class="show">Strategie di attivismo femminista nell’arte del XX secolo</li> <li class="show">Gli autoritratti e le autobiografie delle artiste come modalità di riscrittura della storia dell’arte</li> <li class="show">Dal margine: la riscoperta e la valorizzazione del lavoro di artiste e fotografe lasciate in ombra dalla storiografia</li> <li class="show">Critica d’arte e teoria femminista: i legami tra arti visive, femminismo della differenza, femminismo intersezionale e teoria Queer.</li> <li class="show">Decolonizzare lo sguardo: gli intrecci tra l’orizzonte femminista e gli studi postcoloniali nella teoria e nella pratica artistica.</li> <li class="show">I legami tra l’arte e i movimenti delle donne nello specifico contesto italiano del XX secolo: luoghi di aggregazione e canali di diffusione.</li> <li class="show">Reti internazionali: gli scambi tra le artiste italiane e l’estero</li> <li class="show">Donne e istituzioni dell’arte: le pratiche di valorizzazione del lavoro delle artiste messe in atto da musei, gallerie, archivi, centri di ricerca in Italia</li> </ul> <p>Le proposte saranno valutate dalle curatrici del numero e dovranno essere inviate come allegato al seguente indirizzo di posta elettronica:</p> <p><strong>redazione.pianob@unibo.it</strong></p> <p>&nbsp;</p> <p><strong><span style="text-decoration: underline;">Per proporre un contributo si dovranno rispettare, pena l’esclusione, le seguenti indicazioni</span>:</strong></p> <p>Le proposte dovranno pervenire entro il <strong>28 ottobre 2022 </strong>all’indirizzo <strong>redazione.pianob@unibo.it</strong> nella forma di un file Word comprensivo di un abstract (massimo <strong>1500 battute</strong>, spazi inclusi), di cinque parole-chiave e una sintetica biografia della o del proponente. La valutazione delle proposte sarà affidata alle curatrici del numero. L’abstract, le parole-chiave e la biografia dovranno obbligatoriamente essere presentati, oltre che nella lingua originale del testo, anche in inglese.</p> <p>Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte della redazione (entro il <strong>18 novembre 2022</strong>), si potrà procedere con la stesura e l’invio di un contributo monografico/saggistico, il quale non dovrà superare le <strong>15-20 cartelle</strong> (30.000-40.000 battute, note e spazi inclusi). La stesura del testo, che potrà esser redatto in italiano, inglese o francese, dovrà essere uniformata alle norme redazionali della rivista. Tutti i contributi dovranno pervenire allo stesso indirizzo di posta elettronica sopra indicato entro il <strong>17 marzo 2023</strong> avendo cura di specificare nel corpo dell’e-mail di accompagnamento il titolo del contributo, il nome e cognome della o del proponente.</p> <p>Ogni contributo che arriverà in redazione sarà sottoposto a procedura di <em>double-blind peer review</em>, venendo inviato anonimamente a due referee. Se i giudizi dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con le curatrici) se assumere la decisione di pubblicazione o di invio a un terzo referee. La redazione contatterà le autrici e gli autori per comunicare l’esito della valutazione.</p> <p>L’uscita del numero è prevista per il <strong>1° luglio 2023</strong>.</p> 2022-07-29T12:43:08+02:00 https://pianob.unibo.it/announcement/view/419 Call for Papers: 360°. L’immagine ambientale nelle arti visive tra realtà virtuale e aumentata 2020-11-10T16:18:18+01:00 piano b. Arti e culture visive <p><em>A cura di Elisabetta Modena, Andrea Pinotti e Sofia Pirandello</em></p> <p><a href="https://drive.google.com/file/d/1BGIJS4mNiSu8aCPfbcVDanE7IqnMjbQJ/view">Scarica questa Call for Paper</a> (PDF)</p> <p>La realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR) sono ormai tecnologie ampiamente conosciute e applicate in contesti diversi, compreso quello artistico. Si definisce realtà virtuale un ambiente immersivo a 360<sup>°</sup>, accessibile con diversi tipi di visore, che simula un mondo in sé autonomo e separato dal mondo reale. Per realtà aumentata si intende invece la sovrapposizione di elementi virtuali sulla realtà, esperibili attraverso vari tipi di device, come occhiali, tablet e smartphone. Siamo qui di fronte a due modi differenti di “farsi ambiente” dell’immagine, che si offre, appunto, come “immagine ambientale”.</p> <p>Al contrario di quanto si potrebbe inizialmente pensare, il concetto di “immagine ambientale” non è da ricondursi direttamente alla tradizione della Land Art, della <em>environmental art</em> o delle pratiche site-specific, né ha a che fare con le tematiche ambientaliste di più stringente attualità. Le molteplici strategie che hanno preparato il terreno all’avvento dei dispositivi per realtà virtuale e aumentata affondano le proprie radici nella pittura illusionistica e nella tradizione del trompe l’œil, nei dispositivi ottici pre-cinematografici, nel cinema 3D e nei video games. Le immagini in VR a 360<strong>°</strong> danno al fruitore l’illusione di “esserci” e di interagire con un ambiente in assenza di mediazione, in alcuni casi attraverso un avatar che può muoversi in uno spazio ed è libero di esplorarlo. Le immagini in AR manifestano, per contro, l’“esserci” di oggetti digitali nello spazio reale abitato dal fruitore. I soggetti che si relazionano a tali ambienti non sono più solo spettatori, ma piuttosto <em>experiencers</em> che abitano mondi quasi-reali e multisensoriali in grado di offrire <em>affordances</em> e <em>agencies</em>, possibilità di prestazioni e di azioni. Indossando un casco di realtà virtuale l’immagine va a coincidere con la totalità del campo percettivo, venendo meno la cornice: non siamo più liberi di orientare lo sguardo fuori dall’immagine, come avviene mentre osserviamo un quadro o un film, ma ci troviamo immersi al suo interno. Impiegando un’applicazione di realtà aumentata, aggiungiamo strati digitali di senso al reale, provocando manifestazioni iconiche.</p> <p>Gli ambienti così generati in VR e AR sfidano le proprietà fondamentali dell’iconico (l’immagine come rappresentazione supportata da un medium e separata da un dispositivo di incorniciamento), aprendosi a retoriche di presenzialità, immediatezza e scorniciamento: si offrono come vere e proprie “an-icone”, che tendono cioè a negare (“an”) il proprio statuto di immagini (“icone”), per presentarsi come ambienti (VR) o oggetti nell’ambiente (AR).</p> <p>Le arti visive contemporanee sono evidentemente uno degli ambiti di ricerca e sperimentazione più interessanti da interrogare in proposito. Le questioni dello spazio, dell’ambiente, dell’happening e dell’installazione sono sempre più di frequente collegate alla costruzione di ambienti virtuali immersivi e non, e all’uso delle tecnologie digitali.</p> <p>Artisti come Doug Aitken, Morehshin Allahyari, Halil Altındere, Laurie Anderson, Ed Atkins, Ian Cheng, Nathalie Djurberg e Hans Berg, Cécile B. Evans, Dominique Gonzalez-Foerster, Paul McCarthy, David OReilly, Luca Pozzi, Jon Rafman, Rachel Rossin, Jakob Kudsk Steensen, Timur Si-Qin, Hito Steyerl, Jordan Wolfson hanno realizzato opere sperimentando l’utilizzo della VR e della AR. Più recentemente progetti come [AR]T, nato dalla collaborazione tra Apple e il New Museum di New York, e start up come Acute Art, hanno coinvolto artisti di fama internazionale quali Marina Abramović, Nick Cave, Olafur Eliasson, Cao Fei, Anish Kapoor, Jeff Koons, Pipilotti Rist e Ai Weiwei. Sempre più di frequente opere realizzate con queste tecnologie vengono incluse in mostre, musei e manifestazioni del calibro della Biennale di Venezia. Istituzioni come la Tate Modern di Londra elaborano strategie per risolvere i problemi della loro conservazione e documentazione.</p> <p>Questo numero di “piano b” si concentra sulle arti visive, mirando a sviluppare un dibattito interdisciplinare attraverso il contributo di autori e ricercatori afferenti a discipline come la storia dell’arte, l’estetica, gli studi di cultura visuale, i media studies, i curatorial studies e la museografia.</p> <p><strong>Alcuni possibili temi di indagine sono</strong>:</p> <ol> <li class="show">Storia delle opere d’arte in VR e AR</li> <li class="show">Immediatezza, presenzialità, scorniciamento nell’arte contemporanea in VR e AR</li> <li class="show">Ricerche applicate all’arte contemporanea in VR e AR sui temi: illusione, trasparenza, immersività, interattività, partecipazione, embodiment, empatia, avatar, multisensorialità, iper-realismo</li> <li class="show">Arte pubblica in VR e AR</li> <li class="show">Strategie di storytelling nell’arte in VR e AR</li> <li class="show">Questioni di esposizione e conservazione di opere in VR e AR</li> <li class="show">Interventi monografici su singole opere in VR e AR o su artisti che hanno lavorato con tali tecnologie</li> </ol> <p>&nbsp;</p> <p>Le proposte saranno valutate dai curatori del numero e dovranno essere inviate come allegato al seguente indirizzo di posta elettronica:</p> <p><a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a></p> <p>Per proporre un contributo si dovranno, inoltre, rispettare le indicazioni esposte di seguito, altrimenti non sarà accettato.</p> <p>&nbsp;</p> <p><strong>Come proporre un contributo</strong></p> <p>Entro il 10 gennaio 2021 si dovrà inviare all’indirizzo <a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a> un file.doc comprensivo di un abstract (massimo 1500 battute, spazi inclusi), di cinque parole-chiave e una sintetica biografia del proponente, la cui valutazione sarà affidata ai curatori del numero. L’abstract, la biografia e le parole-chiave dovranno obbligatoriamente essere presentati, oltre che nella lingua originale del testo, anche in inglese. Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte della redazione, si potrà procedere con la stesura e l’invio di un contributo monografico/saggistico, il quale non dovrà superare le 15-20 cartelle (30.000-40.000 battute, note e spazi inclusi). La stesura del testo, che potrà essere redatto in italiano, inglese o francese, dovrà essere uniformata alle norme redazionali della rivista. Tutti i contributi dovranno pervenire allo stesso indirizzo di posta elettronica sopra indicato entro il 25 aprile 2021, avendo cura di specificare nel corpo dell’e-mail di accompagnamento il titolo del contributo, il nome e cognome del proponente. Ogni contributo che arriverà in redazione sarà sottoposto a procedura di double-blind peer review, venendo inviato anonimamente a due referee. Se i giudizi dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con i curatori) se assumere la decisione di pubblicazione o di invio a un terzo referee. La redazione contatterà gli autori per comunicare l’esito della valutazione.</p> <p>Pubblicazione del numero: luglio 2021.</p> 2020-11-10T16:18:18+01:00 https://pianob.unibo.it/announcement/view/362 Call for Papers: Scritture di immagini. Arti verbovisuali, dal secondo Novecento a oggi 2019-11-25T16:22:23+01:00 piano b. Arti e culture visive <h4 id="a-cura-di-giorgio-zanchetti-maria-elena-minuto-alessandra-acocella-1">A cura di Giorgio Zanchetti, Maria Elena Minuto, Alessandra Acocella</h4><p style="text-align: center;"><a href="https://drive.google.com/file/d/16KHAHBoEvSacjz_6-H55Np0RoytWfGus/view">Scarica questa Call for Paper</a> (PDF)</p><div style="text-align: right;"><blockquote><p>“I limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo”.<br /> – Ludwig Wittgenstein, <em>Tractatus logico-philosophicus</em>, 1921</p></blockquote><blockquote><p>“Ogni parola, in quanto tale, è una generalizzazione”.<br /> – Lev S. Vygotsky, <em>Pensiero e linguaggio</em>, 1934</p></blockquote></div><p>Fonte di un inesauribile e controverso dibattito, il rapporto tra parola e immagine è al centro della riflessione teorica ed estetica contemporanea. Il film-installazione <em>Finding Chopin</em> (2005-2018) dell'artista Tris Vonna-Michell, tributo al grande poeta e performer francese, il ricercato dialogo tra scrittura e disegno di Gianfranco Baruchello e Michele Mari (<em>Dreams</em>, 2017), e il libro d'artista <em>Alphabetized Bible</em> (2006) di Tauba Auerbach, la cui sperimentazione tipografica affonda le radici nelle esperienze formali della poesia concreta e visuale degli anni Cinquanta e Sessanta, sono solo alcuni esempi significativi del fervido incontro tra arti verbali e figurative del XXI secolo. Il ciclo di esposizioni <em>Poésie balistique</em> (La Verrière, Bruxelles, 2016-2019), il progetto editoriale <em>Meta</em> (Fondation d'Entreprise Richard / Art-Agenda, 2019) e il libro <em>The New Concrete: Visual Poetry in the 21st Century</em> (Bean; Goldsmith; McCabe, 2015) mettono a fuoco la complessità di questo contesto culturale quanto mai vario e ricco di scambi tra ricerca poetica e visiva.</p><p>Eversive e dissacranti, le avanguardie storiche ci hanno posto davanti a pezzi di frasi, parole e lettere inserite all’interno di assemblaggi di detriti urbani, montate insieme a ritagli di giornale e fotografie o accostate a <em>objets trouvés</em>. A circa cinquant’anni di distanza le neoavanguardie, dopo aver assimilato e riletto criticamente l’esperienza del collage, montage e assemblage di segni, parole e cose, hanno portato avanti la ricerca e l'esercizio verbivocovisuale, celebrando ancora una volta la natura visiva della parola, la sua capacità di figurare nello spazio al di là del solo significare.</p><p>Muovendosi lungo i confini – e talvolta impiegando gli strumenti espressivi della neoavanguardia poetico-visuale – Fluxus ha trovato nel linguaggio lo strumento critico e intermediale con cui ripensare al significato e al ruolo dell’arte nella società, Azimuth e il Gruppo Zero il mezzo con cui creare una “Zero-Zone” libera da ogni residuo informale e neo-espressionista, gli artisti concettuali la dimensione in cui far coincidere tautologicamente il pensiero sull’arte con l’arte stessa.</p><p>Dove i poeti concreti hanno lavorato sul corpo e sugli elementi costitutivi della scrittura, sulle sue condizioni fisiche e strutturali, realizzando meccano-poesie “da montare e smontare”, gli esponenti della poesia visuale internazionale hanno sperimentato relazioni intersemiotiche, introducendo nel corpo poetico nuove tensioni politiche e sociali attraverso l’utilizzo d’immagini fotografiche e di elementi iconografici prelevati dalla cultura di massa. Si tratta di un panorama estremamente vario, all’interno del quale si possono ricondurre operazioni molto distanti tra loro, che spaziano dalla distillazione alchemica di Emilio Villa, Mario Diacono, Luciano Caruso, alle indagini analitiche, linguistiche e antropologico-culturali di Martino e Anna Oberto, Ugo Carrega, Vincenzo Ferrari, Luca Patella, alle incursioni della parola nelle opere dei “poveristi” italiani, nelle azioni di Joseph Beuys, Ketty La Rocca, Vito Acconci, Bruce Naumann, nelle operazioni di Gianni Bertini, Piero Manzoni, Vincenzo Agnetti, Luciano Fabro, Giulio Paolini, Alighiero Boetti o nei lavori di una serie d'artiste, da Maria Lai a Louise Bourgeois, da Irma Blank a Amelia Etlinger, da Annette Messager a Mona Hatoum, da Rosemarie Trockel a Ghada Amer, che hanno trovato nel rapporto tra testo e tradizione millenaria della tessitura, uno dei mezzi espressivi con cui disegnare le proprie immagini e memorie personali.</p><p>Da allora, cosa resta e cosa è cambiato di questa eredità ibrida e sperimentale? In che modo riflettere oggi sulle sue molteplici determinazioni e implicazioni? Quali forme e significati assume l’interrelazione tra scrittura e immagine nella produzione artistico-letteraria odierna?</p><p>Lo scopo di questo numero della rivista «piano b» è di stimolare e raccogliere riflessioni sul tema dell'interazione tra cultura letteraria e visuale nell’epoca contemporanea, facendo riferimento alla varietà dei mezzi e dei supporti espressivi attraverso cui essa si manifesta: dalle neoavanguardie degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, correndo lungo le sperimentazioni dei decenni Ottanta e Novanta, fino ad arrivare agli attuali sviluppi e declinazioni dell'espressione verbovisuale.</p><p>Si invitano docenti, critici e ricercatori a proporre contributi inediti e originali che analizzino il legame tra scrittura e arti visive alla luce di una nuova identità storica, critica ed estetica.</p><p>Possibili, ma non esclusivi, spunti di riflessione:</p><p><strong>Linguaggi, strumenti e processi</strong></p><ul><li>alfabeti pittorici: la parola nello spazio della tela</li><li>il libro d’artista come strumento di nuove narrazioni tra immagine, parola e materia</li><li>il segno alfabetico e la sua riproducibilità tecnica: l’apporto della fotografia, del cinema d’artista e della videoarte</li><li>attitudini concettuali dell’uso della parola nell’arte</li><li>la scrittura come processo nelle pratiche performative e comportamentali</li><li>i caratteri tipografici come elementi costitutivi dell’immagine: esperienze di contaminazione tra arti visive e graphic design</li></ul><p><strong>Contesti, soggetti e dialoghi</strong></p><ul><li>il recupero della lezione verbovisuale delle avanguardie storiche</li><li>i network internazionali della neoavanguardia verbovisuale: incontri (e scontri) tramite riviste, edizioni, mostre e corrispondenze private</li><li>dalla parete alla strada: la dimensione pubblica delle pratiche di confine tra linguaggio verbale e arte visiva</li><li>gli archivi (fisici e digitali) delle ricerche tra parola e immagine: questioni di metodo</li></ul><p>Le proposte saranno valutate dai curatori del numero e dovranno essere inviate come allegato al seguente indirizzo di posta elettronica:</p><p style="text-align: center;"><a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a></p><p>Per proporre un contributo si dovranno, inoltre, rispettare le indicazioni esposte di seguito, altrimenti non sarà accettato.</p><h4 id="come-proporre-un-contributo">Come proporre un contributo</h4><p>Entro il 7 gennaio 2020 si dovrà inviare all’indirizzo <a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a> un file.doc comprensivo di un abstract (massimo 1500 battute, spazi inclusi), di cinque parole-chiave e una sintetica biografia del proponente, la cui valutazione sarà affidata ai curatori del numero. L’abstract, la biografia e le parole-chiave dovranno obbligatoriamente essere presentate, oltre che nella lingua originale del testo, anche in inglese. Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte della redazione, si potrà procedere con la stesura e l’invio di un contributo monografico/saggistico, il quale non dovrà superare le 15-20 cartelle (30.000-40.000 battute, note e spazi inclusi). La stesura del testo, che potrà esser redatto in italiano, inglese o francese, dovrà essere uniformata alle norme redazionali della rivista. Tutti i contributi dovranno pervenire allo stesso indirizzo di posta elettronica sopra indicato entro il 19 aprile 2020, avendo cura di specificare nel corpo dell’e-mail di accompagnamento il titolo del contributo, il nome e cognome del proponente. Ogni contributo che arriverà in redazione sarà sottoposto a procedura di <em>double-blind peer-review</em>, venendo inviato anonimamente a due referee. Se i giudizi dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con i curatori) se assumere la decisione di pubblicazione o di invio a un terzo referee. La redazione contatterà gli autori per comunicare l’esito della valutazione. Pubblicazione del primo scaglione del numero: entro luglio 2020. Pubblicazione dell’ultimo scaglione del numero: entro dicembre 2020.</p><p>Per maggiori informazioni consultare <a href="http://pianob.unibo.it/about/submissions">Invio di una proposta</a>.</p> 2019-11-25T16:22:23+01:00 https://pianob.unibo.it/announcement/view/347 Call for Paper: Collage di carta, collage digitale: concetti di architettura a confronto 2019-07-26T10:52:23+02:00 piano b. Arti e culture visive <h4 id="a-cura-di-anna-rosellini-in-collaborazione-con-arianna-casarini-e-roberto-paolo-malaspina-1">A cura di Anna Rosellini in collaborazione con Arianna Casarini e Roberto Paolo Malaspina</h4><p style="text-align: center;"><a href="https://drive.google.com/file/d/1xBkskBNiWpdgJoKaP5yAcIX80ovnHJoO/view">Scarica questa Call for Paper</a> (PDF)</p><p>Negli anni dopo il 1968, segnati dalla rivolta studentesca internazionale, alcuni architetti hanno rifiutato il progetto di tipo tradizionale e la pratica professionale per operare nella società una rivoluzione attraverso il disegno di architettura. Questo rifiuto ha preso una forma particolare e si è manifestato con un disegno espressivo che talvolta ha assunto i tratti di un manifesto per una visione di una società a venire. Conseguentemente si è generato un vero e proprio universo di immagini che è stato definito, spesso con disprezzo, “architettura di carta”. Quei disegni alludevano ad un’architettura che non intendeva essere costruita ma voleva diventare espressione di un sogno per una civiltà diversa. Quell’architettura di carta è stata rivoluzionaria, come lo furono i disegni di Piranesi e i collage di Mies van der Rohe. In quell’“architettura di carta” il collage ha rivestito un ruolo fondamentale. La tecnica del collage, per quanto in uso sin dai primi anni del Novecento, ha acquisito un valore del tutto particolare nel clima culturale, politico e ideologico degli anni Sessanta proprio per l’immediatezza e la forza di rappresentazione dell’immagine.</p><p>Le premesse visionarie contenute nei disegni manifesto degli anni Sessanta non andranno perdute. Le idee cristallizzatesi nella carta agiranno nei decenni successivi fino poi a ritrovare una sostanza concreta, tra la fine del XX secolo e gli inizi del XXI secolo. La tecnica del collage dell’era digitale consente a diversi architetti di delineare un’immagine di sintesi dalle valenze narrative, che orienta la dimensione culturale e la forma stessa dell’architettura. Il procedimento del collage digitale, con immagini, grafie e colori montati strato dopo strato con diversi programmi, evita il realismo dei cosiddetti <em>rendering</em> e rende il disegno simile a quelli creati con le tecniche convenzionali, ma con una novità delle immagini, un realismo fantastico e un uso della prospettiva calcolatamente alterati in chiave pittorica.</p><p>La presente call for papers di «piano b» vorrebbe stimolare e raccogliere riflessioni a largo raggio sul tema dell'architettura raccontata e interpretata attraverso uno speciale genere di disegno, che affida il proprio potenziale creativo a tecniche come quella del collage, e che intende essere prima di tutto espressione di una dimensione culturale, che si sostanzia attraverso l’immagine stessa e i suoi dettagli.</p><p>Possibili, ma non esclusivi, spunti di riflessione:</p><ul><li>Collage, narrazioni figurative e “discorsi per immagini”</li><li>Il collage e la dimensione culturale dell’architettura</li><li>Il collage come strumento per la definizione dell’idea del progetto</li><li>Il collage come strumento di comprensione della città</li><li>Tecniche di rappresentazione e disegno digitale</li><li>Costruzioni prospettiche e collage</li><li>Il ruolo delle opere d’arte nei collage di architettura</li><li>Il rapporto semantico fra l’uso del collage in arte e in architettura</li><li>Nuove forme di collage: le invenzioni della fotografia digitale</li><li>II ruolo della fotografia nei collage di architettura</li><li>Il collage e il riuso delle immagini nei media e nelle pratiche artistiche</li></ul><p>I docenti, i critici e gli studiosi interessati potranno sottoporre alla valutazione dei curatori del numero le proprie proposte, inviandole come allegato al seguente indirizzo di posta elettronica:</p><p style="text-align: center;"><a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a></p><p>Per proporre un contributo si dovranno, inoltre, rispettare le indicazioni di seguito esposte, altrimenti esso non sarà accettato.</p><h4 id="come-proporre-un-contributo">Come proporre un contributo</h4><p>Entro il 9 settembre 2019 si dovrà inviare all’indirizzo <a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a> un file .doc comprensivo di un breve abstract (massimo 1500 battute, spazi inclusi), non più di cinque parole-chiave e una sintetica biografia del proponente, la cui valutazione sarà affidata ai curatori del numero. L’abstract, la biografia e le parole-chiave dovranno obbligatoriamente essere presentate, oltre che nella lingua originale del testo, anche in inglese. Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte della redazione, si potrà procedere con la stesura e l’invio di un contributo monografico/saggistico, il quale non dovrà superare le 15-20 cartelle (30.000-40.000 battute, note e spazi inclusi). La stesura del testo, che potrà esser redatto in italiano, inglese o francese, dovrà essere uniformata alle norme redazionali della rivista. Tutti i contributi dovranno pervenire allo stesso indirizzo di posta elettronica sopra indicato entro il 16 dicembre 2019, avendo cura di specificare nel corpo dell’e-mail di accompagnamento titolo del contributo e nome e cognome del proponente.</p><p>Ogni contributo che arriverà in redazione sarà sottoposto a procedura di <em>double-blind peer review</em>, venendo inviato anonimamente a due referee. Se i giudizi dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con il curatore o i curatori) se assumersi la decisione di pubblicabilità o di invio a un terzo referee. La redazione contatterà gli autori per comunicare loro l’esito della valutazione. L’uscita del primo scaglione del numero è prevista per gennaio-febbraio 2020.</p><p>Per maggiori informazioni consultare <a href="http://pianob.unibo.it/about/submissions">Invio di una proposta</a>.</p> 2019-07-26T10:52:23+02:00 https://pianob.unibo.it/announcement/view/308 Call for Papers: Sulle tracce del museo (2019-1) 2018-11-09T16:53:41+01:00 piano b. Arti e culture visive <h4 id="a-cura-di-stefania-zuliani-e-antonella-trotta-1">a cura di Stefania Zuliani e Antonella Trotta</h4><p style="text-align: center;"><a href="https://drive.google.com/file/d/1Gwhaxkjo5b1c9-RxqNeQZ9Ev4U3j8t1J/view">Scarica questa Call for Paper</a> (PDF)</p><p>Il museo, inteso come sovradeterminato gadget urbano o come dispositivo in grado di celebrare l’inarrestabile processo di feticizzazione caratteristico della tarda modernità, ha vissuto alla fine del secolo scorso una stagione trionfale, contrassegnata non solo dal moltiplicarsi dei musei e delle stesse tipologie museali, ormai incalcolabili, ma anche da una crescente attenzione critica che ha notevolmente alimentato il dibattito e la produzione editoriale.</p><p>A fronte della crisi economica degli scorsi anni, che ha tra l’altro suggerito una maggiore cautela nel valutare gli effetti e gli eccessi dell’ipermuseismo, e smorzatisi gli entusiasmi per il marketing e per la comunicazione museali, oggi la riflessione sul museo sembra orientarsi ad una nuova apertura disciplinare. Un allargamento di orizzonti che non si esprime, banalmente, nell’ulteriore espansione dei possibili contenuti del museo, ma nel rapporto e nello scambio di metodi e prospettive che appartengono non solo al lavoro degli artisti e degli storici dell'arte, da sempre in dialogo con il museo e con le sue retoriche, ma anche ad ambiti di ricerca in apparenza più distanti e persino inattesi.</p><p>Dalla letteratura al cinema, dall’urbanistica alla filosofia, dalla storia sociale alle scienze naturali, dal teatro alla medicina, il museo è oggetto e soggetto di interpretazioni teoriche, di invenzioni e di realizzazioni concrete (una per tutte, il fortunato Museo dell’Innocenza firmato da Pamuk) che destabilizzano i limiti tradizionali del discorso e del ruolo dell’istituzione museale, evidenziandone la natura impura, felicemente <em>delirante</em> (Storrie). </p><p>Obiettivo della call è quello di provare a ricostruire, per frammenti e schegge, il palinsesto irregolare di proposte e di letture eterodosse di cui il museo è pretesto e protagonista, non sempre volontario, ricercandone le tracce ben oltre i confini, comunque porosi, della museologia, con una particolare attenzione alle ricerche e alle provocazioni nate nell’ambito delle più recenti pratiche artistiche e curatoriali.</p><p>I docenti, i critici e gli studiosi interessati potranno sottoporre alla valutazione del curatore del numero le proprie proposte, inviandole come allegato al seguente indirizzo di posta elettronica:</p><p style="text-align: center;"><a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a></p><p>Per proporre un contributo si dovranno, inoltre, rispettare le indicazioni di seguito esposte, altrimenti esso non sarà accettato.</p><h4 id="come-proporre-un-contributo">Come proporre un contributo</h4><p>Entro il 17 dicembre 2018 si dovrà inviare all’indirizzo redazione.pianob@unibo.it un file .doc comprensivo di un breve abstract (massimo 1500 battute, spazi inclusi), non più di cinque parole-chiave e una sintetica biografia del proponente, la cui valutazione sarà affidata ai curatori del numero. L’abstract, la biografia e le parole-chiave dovranno obbligatoriamente essere presentate, oltre che nella lingua originale del testo, anche in inglese. Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte della redazione, si potrà procedere con la stesura e l’invio di un contributo monografico/saggistico, il quale non dovrà superare le 15/20 cartelle (30.000/40.000 battute, note e spazi inclusi). La stesura del testo, che potrà esser redatto in italiano, inglese o francese, dovrà essere uniformata alle norme redazionali della rivista. Tutti i contributi dovranno pervenire allo stesso indirizzo di posta elettronica sopra indicato entro il 15 aprile 2019, avendo cura di specificare nel corpo dell’e-mail di accompagnamento titolo del contributo e nome e cognome del proponente.</p><p>Ogni contributo che arriverà in redazione sarà sottoposto a procedura di <em>double blind peer review</em>, venendo inviato anonimamente a due referee. Se i giudizi dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con il curatore o i curatori) se assumersi la decisione di pubblicabilità o di invio a un terzo referee. La redazione contatterà gli autori per comunicare loro l’esito della valutazione. L’uscita del primo scaglione del numero è prevista per luglio 2019.</p><p>Per maggiori informazioni consultare <a href="http://pianob.unibo.it/about/submissions">Invio di una proposta</a>.</p> 2018-11-09T16:53:41+01:00 https://pianob.unibo.it/announcement/view/280 Call for Paper: L’arte mediata: dal Critofilm al Talent Show (2018-2) 2018-03-27T00:00:00+02:00 piano b. Arti e culture visive <h4 id="a-cura-di-giacomo-manzoli-e-claudio-marra-1">a cura di Giacomo Manzoli e Claudio Marra</h4><p style="text-align: center;"><a href="https://drive.google.com/file/d/1oJ59q4JdtHJF3_-ya9bnWKxTQDP7FHSo/view?usp=sharing">Scarica questa Call for Paper</a> (PDF)</p><p>Se è vero, come ci hanno insegnato le migliori estetiche contemporanee, che l’arte, non diversamente dalle altre attività umane, può trovare identità e significato solo a partire dalle pratiche che la definiscono, è in questa direzione pragmatica, di uso, di discorso, che sembrerebbe opportuno orientare la ricerca e la riflessione sul suo statuto.</p><p>Ora non c’è dubbio che nella contemporaneità il cinema, quello d’autore ma anche, e forse, soprattutto, quello popolare, a partire dalla fin troppo abusata etichetta di “specchio della realtà”, costituisca una magnifica sintesi di comportamenti e abitudini di vita, uno straordinario serbatoio/repertorio di gesti, azioni, gusti, parole, capace non solo di riprodurre il sociale, ma addirittura di ridefinirlo. In questa prospettiva poi, alla galassia cinematografica occorre ormai necessariamente aggiungere, anche quella televisiva che, se possibile (si pensi all’invadenza e al peso dei reality e dei talent), ha ulteriormente incrementato la sponda di virtualità inaugurata e diffusa dal cinema.</p><p>La presente call for papers di «piano b» vorrebbe dunque stimolare e raccogliere riflessioni a largo raggio proprio su queste tematiche: l’arte raccontata e interpretata dal cinema e dalla televisione. L’arte, come sistema e come meccanismo, come opere e come protagonisti, come modelli e come categorie critiche, come linguaggi e come simboli, insomma l’arte complessivamente intesa, trasferita, filtrata e rigenerata nelle narrazioni cinematografiche e televisive. L’arte così come appare sugli schermi che riflettono e contribuiscono a ridefinire la nostra quotidianità, tra rappresentazione e sfruttamento, educazione e divulgazione.</p><p>Possibili, ma non esclusivi, spunti di riflessione:</p><ol style="list-style-type: decimal;"><li>Il ritratto d’artista (dal biopic al selfie).</li><li>Il dress code dell’Art World.</li><li>Il ritratto dell’esperto: Zeri, Sgarbi, Daverio, Montanari, e altre star.</li><li>Divulgare l’arte attraverso il cinema, la televisione, i nuovi media.</li><li>L’utilizzo degli audiovisivi nella didattica dell’arte.</li><li>La spettacolarizzazione delle pratiche: da Le Mystère Picasso ai reality.</li><li>La produzione di valore artistico attraverso i media: le aste televisive e altre catastrofi.</li><li>Nuovi critofilm: le tecnologie digitali e la virtualizzazione dell’esperienza di fruizione di un’opera d’arte.</li><li>L’interazione economica fra campo artistico e campo dei media.</li><li>Rappresentazione e modellizzazione delle culture di gusto e del giudizio di valore.</li></ol><p>I docenti, i critici e gli studiosi interessati potranno sottoporre alla valutazione del Comitato editoriale le proprie proposte, inviandole come allegato al seguente indirizzo di posta elettronica:<br /> <a style="text-align: center;" href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a><br /> Per proporre un contributo si dovranno inoltre rispettare le indicazioni di seguito esposte, altrimenti esso non sarà preso in considerazione.</p><h4 id="come-proporre-un-contributo">Come proporre un contributo</h4><p>Entro il 4 maggio 2018 si dovrà inviare all’indirizzo <a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a> un file .doc comprensivo di un breve abstract (massimo 1500 battute, spazi inclusi), non più di cinque parole-chiave e una sintetica biografia del proponente, la cui valutazione sarà affidata ai curatori del numero. L’abstract, la biografia e le parole-chiave dovranno obbligatoriamente essere presentate, oltre che nella lingua originale del testo, anche in inglese. Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte della redazione, si potrà procedere con la stesura e l’invio di un contributo monografico/saggistico, il quale non dovrà superare le 15/20 cartelle (30.000/40.000 battute, note e spazi inclusi). La stesura del testo, che potrà esser redatto in italiano, inglese o francese, dovrà essere uniformata alle norme redazionali della rivista. Tutti i contributi dovranno pervenire allo stesso indirizzo di posta elettronica sopra indicato entro il 15 settembre 2018, avendo cura di specificare nel corpo della email di accompagnamento titolo del contributo e nome e cognome del proponente. Ogni contributo che arriverà in redazione sarà sottoposto a procedura di <em>double blind peer review</em>, venendo inviato anonimamente a due referee. Se i giudizi dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con il curatore o i curatori) se assumersi la decisione di pubblicabilità o di invio a un terzo referee. La redazione contatterà gli autori per comunicare loro l’esito della valutazione. L’uscita del numero di «piano b» è prevista per dicembre 2018.</p><p>Per maggiori informazioni consultare <a href="http://pianob.unibo.it/about/submissions">Invio di una proposta</a></p> 2018-03-27T00:00:00+02:00 https://pianob.unibo.it/announcement/view/259 Continuità / discontinuità nella storia dell’arte e della cultura italiane del Novecento. Arti visive, società e politica tra fascismo e neoavanguardie (2018-1) 2017-10-17T00:00:00+02:00 piano b. Arti e culture visive <h4>a cura di Michele Dantini</h4><p style="text-align: center;"><a href="https://drive.google.com/file/d/0B2-YZkU8-NXzTG9aVVlPOTFpOTA/view">Scarica questa Call for Paper</a> (PDF)</p><p>Emerge, da parte della storiografia artistica più recente, nazionale e internazionale, dedicata all’arte italiana del Novecento, la domanda di modelli interpretativi nuovi e di più dettagliati approfondimenti storico-culturali, ad oggi mancanti. In particolare è evidente, da parte di studiosi di lingua non italiana, la difficoltà a accedere a fonti non tradotte e a misurarsi con una più ampia pluralità di testi e voci, primarie e secondarie; giungendo così a un’articolata ricostruzione di contesti.</p><p>In assenza di un rinnovamento degli studi storico-artistici, intesi questi ultimi anche nel senso di una più ampia e aggiornata storia culturale, si rischia – è in larga parte il caso della rivista “October” e degli storici e critici che fanno capo ad essa – di avanzare interpretazioni arbitrarie o di radicare l’intera ricostruzione del Novecento italiano, dal periodo <em>entre-deux-guerres</em> alle neoavanguardie almeno, a un’antitesi “fascismo/antifascismo” che, pur importante, non sembra storiograficamente risolutiva per un ampio numero di artisti, critici etc.; ed è divenuta da decenni oggetto di discussione da parte di storici politici, scienziati sociali e giuristi delle più diverse tendenze. Soprattutto si è incapaci di cogliere determinate continuità esistenti, nella storia dell’arte, tra la prima e la seconda metà del Novecento; e di misurarsi così con una domanda che la comunità degli storici si è invece posta da tempo. E cioè: quali sono, se esistono, le continuità sociali e culturali, in Italia, nel passaggio tra fascismo e Repubblica; in un momento dunque di profonde discontinuità politico-istituzionali? E come si collegano tra loro, oppure si disgiungono, la prima metà del primo e del secondo Novecento; gli anni Trenta, poniamo, e gli anni Cinquanta o Sessanta? Quali le «rimozioni» della storiografia postbellica o successiva con cui una nuova generazione di studiosi è oggi chiamata a confrontarsi?</p><p>Si è scritto che «l’idea del fascismo come parentesi, di una cesura netta tra periodo fascista e Italia repubblicana è errata. O meglio, corrisponde più a un bisogno dei contemporanei di stabilire una distanza tra il fascismo e se stessi, che alla realtà dei fatti» (Sabino Cassese, <em>Lo stato fascista</em>, 2010). In che modo, e con quali esiti, lo studio di determinati documenti figurativi, o la storia della critica d’arte o (ancora) delle istituzioni e delle politiche culturali e del patrimonio può contribuire a un dibattito che si è fatto via via più ampio a partire dagli anni Sessanta, finendo per coinvolgere le discipline più diverse?</p><p>Si tratta oggi, o così almeno sembra, di muovere oltre la fedeltà ad autodichiarazioni, memorialistica e testimonianze (“egodocumenti”) per avvicinare le opere in modo più avvertito e critico, riconoscendo che possono esistere, e sono ampiamente documentate, amnesie, autostilizzazioni retrospettive, distorsioni; e che gli “egodocumenti” con cui si ha a che fare, anche alla luce di drammatici mutamenti politici e sociali e delle più urgenti esigenze di riposizionamento individuale, possono essere reticenti. Si è spesso osservato che la storia culturale italiana del Novecento, segnata da profonde cesure politiche, economiche, ideologiche e militari, ha caratteri come di palinsesto: ogni generazione la riscrive mutando “paradigmi” e dizionari. Questo rende più difficile, ma forse anche più affascinante, l’esercizio di ricomposizione e scavo. È tuttavia evidente che punti di vista riduttivamente monodisciplinari, considerazioni limitate a una semplice storia dello “stile” e pratiche storiografiche avulse non riusciranno mai a scendere al di sotto della superficie degli eventi o delle circostanze considerate.</p><p>Per ragioni storico-sociali, ideologico-politiche e culturali insieme, il gioco tra «resistenza» e «assimilazione», «identità» e internazionalismo è drammatizzato nella storia culturale italiana come mai altrove, tra le due guerre e ancora nel secondo dopoguerra. Ecco che si tratta di interrogarsi in profondità, con strumenti quanto più possibile fini e insieme molteplici e con prospettive anche di lungo periodo, sui temi del «consenso», della «nazione», dell’«identità», dell’«eredità», del «popolo», dell’«impegno» etc. lasciando se possibile da parte posizioni precostituite e cercando invece di ricostruire l’evolvere di inquietudini, miti, “autorappresentazioni nazionali” nel loro rapporto a contesti continentali o planetari di volta in volta diversi – l’Europa del primo Dopoguerra, ad esempio, disegnata dalla Società delle nazioni; il «nuovo ordine» negli anni Trenta e primi Quaranta; il contesto atlantico del secondo Dopoguerra; la Guerra Fredda; gli anni della contestazione.</p><p>I docenti, i critici e gli studiosi interessati potranno sottoporre alla valutazione del Comitato editoriale le proprie proposte, inviandole come allegato al seguente indirizzo di posta elettronica: <br /> <span style="text-align: center;"><a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a></span> <br /> Per proporre un contributo si dovranno inoltre rispettare le indicazioni di seguito esposte.</p><h4>Come proporre un contributo</h4><p>Entro il 27 novembre 2017 si dovrà inviare all’indirizzo <a href="mailto:redazione.pianob@unibo.it">redazione.pianob@unibo.it</a> un file .doc comprensivo di un breve abstract (massimo 1500 battute, spazi inclusi), non più di cinque parole-chiave e una sintetica biografia del proponente, la cui valutazione sarà affidata ai curatori del numero. L’abstract, la biografia e le parole-chiave dovranno obbligatoriamente essere presentate, oltre che nella lingua originale del testo, anche in inglese. Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte della redazione, si potrà procedere con la stesura e l’invio di un contributo monografico/saggistico, il quale non dovrà superare le 15/20 cartelle (30.000/40.000 battute, note e spazi inclusi). La stesura del testo, che potrà esser redatto in italiano, inglese o francese, dovrà essere uniformata alle norme redazionali della rivista. Tutti i contributi dovranno pervenire allo stesso indirizzo di posta elettronica sopra indicato entro il 15 marzo 2018, avendo cura di specificare nel corpo della email di accompagnamento titolo del contributo e nome e cognome del proponente. Ogni contributo che arriverà in redazione sarà sottoposto a procedura di <em>double blind peer review</em>, venendo inviato anonimamente a due referee. Se i giudizi dei due referee saranno in contrasto, i direttori decideranno (in dialogo con il curatore o i curatori) se assumersi la decisione di pubblicabilità o di invio a un terzo referee. La redazione contatterà gli autori per comunicare loro l’esito della valutazione. L’uscita del numero di «piano b» è prevista per l’estate 2018.</p><p>Per maggiori informazioni consultare <a href="http://pianob.unibo.it/about/submissions">Invio di una proposta</a></p> 2017-10-17T00:00:00+02:00