Tra esposizioni, deposito e archivio: l’artista come curatore delle collezioni museali? Il caso di Stefano Arienti e Massimo Bartolini al Museion di Bolzano
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/10252Parole chiave:
museo, esposizione, collezione, artista, curatoreAbstract
Considerando le riletture delle pratiche museali contemporanee, l’artista come curatore è oggi una figura al centro del dibattito per quanto riguarda la storia delle mostre, in particolare considerando le sue potenzialità nel portare al limite la natura precaria delle esposizioni (ed. Filipovic, 2017) e la possibilità di muoversi con estrema libertà tra ruoli e tipologie. Questo articolo si propone di indagarne una declinazione specifica, focalizzata sulle collezioni e gli archivi del museo, ripartendo da un caso studio, il progetto -2 +3 (2010) che Stefano Arienti e Massimo Bartolini hanno realizzato al Museion di Bolzano. Per tutta la durata dell’operazione una selezione della collezione era stata portata dagli artisti, senza modificarne ordine e disposizione e mantenendo tutta la quotidiana attività, dai magazzini all’interno degli spazi espositivi. Intervenendo così proprio su quanto abitualmente rimane nascosto al pubblico, Arienti e Bartolini attraverso spostamenti, installazioni, display espositivi e nuovi lavori realizzati per l’occasione hanno voluto infatti mettere in scena un nuovo rapporto con le opere, mettendo però in discussione le funzioni e i meccanismi interni al museo, senza tuttavia modificarli. Particolarmente significativo nella sua volontà di spostare i confini fino quasi a far coincidere allestimento e installazione artistica attraverso un’unica, coerente operazione concettuale, questo progetto sarà indagato a partire da modelli storicizzati – da Andy Warhol con Raid the Icebox I (1969) a Fred Wilson con Mining the museum (1992-93) – considerando il contesto contemporaneo italiano e i modelli di messa in crisi dell’idea di esposizione, così come di quella di collezione e di archivio.
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