Cindy Sherman e l’Italia: ricezione e genealogie negli anni Novanta
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/16089Parole chiave:
Cindy Sherman, Genere, Identità, Femminismo, Fotografia italianaAbstract
Nel 1990 viene presentata al PAC di Milano la prima mostra italiana di Cindy Sherman, un’antologica che riunisce circa una settantina di lavori fotografici realizzati a partire dalla fine degli anni Settanta. Sin dai primi Untitled film stills del 1977, simulazioni di foto di scena o pubblicitarie in cui l’artista interpreta ogni volta un ruolo diverso, Cindy Sherman attraverso l’uso di pratiche di staging e travestitismo, precorre une tendenza che verrà ampiamente sviluppata da artisti e artiste. Seppur già presenti nelle pratiche performative degli anni Settanta, le riflessioni sui ruoli maschili e femminili, sulla loro matrice sociale e non biologica e sul loro carattere performativo, diventeranno infatti centrali in molta produzione artistica degli anni novanta anche grazie alle coeve riflessioni sul genere teorizzate, su tutte, da Judith Butler, Teresa De Lauretis e Rosi Braidotti. Questo contributo intende ricostruire e analizzare la ricezione in Italia dell’opera di Cindy Sherman a partire dalla prima mostra del 1990 e l’influenza che i suoi lavori hanno avuto su una nuova generazione di artiste interessate alla fotografia quale strumento di rappresentazione identitaria, come per esempio evidente nelle opere di Ottonella Mocellin.
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