Dalla tela alla stoffa

Autori

  • Fabriano Fabbri Università di Bologna

DOI:

https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/16342

Parole chiave:

Arte Programmata, Op Art, moda anni Sessanta, performance

Abstract

Nei primi anni Sessanta la ricerca artistica e la ricerca in moda procedono di pari passo nel mettere a punto un sistema espressivo capace di suggerire nuovi effetti ottico-percettivi. Al tempo, il caso più autorevole di collaborazione tra artista e stilista è quello di Germana Marucelli, che si rivolge a Paolo Scheggi e Getulio Alviani per la realizzazione di diverse linee di stile. Tutto ciò avviene quando Bruno Munari, con il supporto teorico di Umberto Eco, dà avvio alla nota parentesi dell’Arte Programmata, a sua volta ispirata dall’insieme di suggestioni provenienti dalle ricerche condotte in campo informatico. Analogamente, il filone coevo della Op Art rilanciava le forme geometriche delle avanguardie storiche, con l’avvertenza di arricchirle con un surplus di movimentazione tuttavia rimasto sulla tela pittorica, ancora cioè sottoposto ai limiti di una fruizione ottico-illusoria. All’opposto, indossati dalla portatrice gli abiti della Marucelli consentivano l’esecuzione di movimenti reali e di conseguenza si aprivano alle prospettive di una corporalità passibile di richiamare certi effetti di performance. Su questa via, appariva perfino più convincente la moda di Missoni, i cui pattern di tessuti, volutamente risolti con trame “a bassa risoluzione”, ben si prestavano a rappresentare la versione tessile dell’era elettronica, come se lo stilista maneggiasse e intrecciasse gomitoli di pixel.

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Pubblicato

2023-01-26

Come citare

Fabbri, F. (2022). Dalla tela alla stoffa. Piano B. Arti E Culture Visive, 7(2), 45–65. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/16342