L’archivio dimenticato di Marcella Pedone: fotografie e filmati di un viaggio identitario nei paesaggi di un’Italia perduta
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/19578Parole chiave:
atlante visivo, fotografia documentaria, fotografia come fonte di storia, fotografia di genere, fotografia etnograficaAbstract
Nella polifonia di sguardi al femminile della fotografia di indagine sociale del secondo dopoguerra italiano, occupa un posto di assoluto rilievo Marcella Pedone (Roma, 1919 – Milano, 2023), la quale è rimasta ai margini della storiografia ufficiale nonostante i due caratteri d’indiscutibile unicità che la caratterizzano: in primo luogo, la produzione di un imponente archivio visivo formato da 170.000 immagini a colori meticolosamente indicizzate, scattate tra i primi anni Cinquanta e i tardi anni Novanta, e, seguentemente, il paradigma metodologico della sua pratica fotografica che la conduce a viaggiare in solitaria su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di dare forma a uno sfaccettato atlante visivo della provincia italiana e delineare il ritratto completo di un Paese in bilico tra arretratezza e modernità, tra ruralità e spinta verso il progresso. A differenza di molti fotografi a lei coevi, non analizza singoli microcosmi, ma dipinge in maniera sistematica e con rigore quasi scientifico il ritratto di un’intera nazione nelle sue componenti paesaggistiche, sociali, economiche e folcloristiche, costruendo, in tal modo, un mosaico visivo in grado di sottrarre alla fuga del tempo mondi perduti della realtà italiana e diventare tassello fondamentale della memoria nazionale.
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