Corpi dissidenti. La maternità come apparato politico: il caso di Cuba e del contesto latinoamericano
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/19611Parole chiave:
Artivismo, Corpo politico, Maternità, Fotografia, LatinoamericaAbstract
Anni Ottanta. Foto in bianco e nero. Una donna nuda, di cui non si conosce l’identità, tiene in mano un grosso coltello rivolto verso il suo ventre gravido.
La fotografia, intitolata No matar, ni ver matar animales III (1985), è un autoritratto dell’artista cubana Marta María Pérez Bravo (Havana, 1959). Appartiene alla serie Para concebir (1985-1986) in cui l’artista immortala il periodo della gravidanza e post-partum in una sequenza di scatti in bianco e nero dai connotati fortemente antiromantici ed esorcizzanti. Il titolo si riferisce alla superstizione legata alle religioni afrocubane di Santería and Palo Monte secondo la quale una donna darà alla luce un bambino/a dal temperamento violento, qualora uccida o assista all’uccisione di un animale durante i nove mesi di gestazione.
Prendendo in esame il lavoro di Pérez Bravo, unito a quello di Johanna Hammann (Lima,1954-2017), Barbara Carrasco (El Paso, 1967), Monica Mayer (Città del Messico, 1954) e Josely Carvalho (San Paolo, 1942), il presente articolo intende indagare l’emergere di una rappresentazione distopica del corpo materno nell’arte latinoamericana a partire dalla fine dalla fine degli anni Settanta.
Questa iconografia sovverte, decolonizzandolo, l’immaginario collettivo tradizionale della maternità come premurosa e amorevole, contrapponendo, invece, una rappresentazione spesso brutale e violenta, sintomatica delle tradizioni locali, dei valori religiosi, delle questioni razziali e delle situazioni sociopolitiche di alcune realtà dell’America Latina. A mio avviso, questo corpus di immagini suggerisce un “artivismo” materno che denota una comprensione e rappresentazione del corpo femminile come apparato politico e militante e prodotto sociale.
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