Joseph Cornell. La modernità del marginale

Autori

  • Kevin McManus Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

DOI:

https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/6512

Parole chiave:

Cornell, Dalì, Smithsonian, Breton

Abstract

L’articolo prende spunto dall’analisi del fondo d’archivio di Cornell presso gli Archives of American Art dello Smithsonian. In particolare, le sezioni 3 e 4 (“Diaries” e “Sources”) rivelano l’attività di Cornell come teorico del “piano b”, inteso in più sensi: dal marginale all’obsoleto, dalle storie di persone dimenticate ai ritagli di giornale con testimonianze “alternative” in merito a personaggi più o meno noti, le fonti scritte raccolte da Cornell mostrano la stessa sensibilità per gli aspetti nascosti o eccentrici del reale, per le connessioni casuali e le associazioni automatiche, evidente nei lavori dell’artista americano (con processi che fanno pensare, variabilmente, al celebre passo di Breton sul “mercato delle pulci” e al metodo “paranoico-critico” di Dalì). Se l’attività archivistica di Cornell è nota, maggior attenzione meritano i criteri che sembrano governare la selezione dei materiali e, laddove si sia verificato, il loro utilizzo a fini artistici. Inoltre, il modo di presentare le fonti e le annotazioni rende Cornell un autentico precursore della tendenza che Hal Foster ha definito “Impulso archivistico”, peraltro anticipando la preferenza di alcuni artisti guidati da tale impulso (si pensi ad esempio a Tacita Dean) per le storie secondarie e irrisolte, per le missioni fallite o incompiute, per la vicenda trovata per caso e quasi magicamente liberata dall’irrilevanza alla quale sembrava essere condannata.

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Pubblicato

2016-12-19

Come citare

McManus, K. (2016). Joseph Cornell. La modernità del marginale. Piano B. Arti E Culture Visive, 1(1), 170–187. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/6512