Un fatto imperfetto: La Macchina drogata di Vincenzo Agnetti

Autori

  • Carlotta Sylos Calò Università "La Sapienza" di Roma

DOI:

https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/6516

Parole chiave:

progetto, linguaggio, convenzione, devianza, ribaltamento

Abstract

Dopo un periodo in cui, giovanissimo, si dedica alla pittura informale e alla poesia, Vincenzo Agnetti (1926-1981) si lega al gruppo e alla rivista milanese Azimuth, pubblicando scritti di estetica e critica d’arte, basilari per l’elaborazione futura del suo lavoro, incentrato, a partire dal 1967, su l’arte e il linguaggio. L'antinomia, la cancellazione, la negazione, sono i fondamenti delle sue opere, secondo un atteggiamento dubitativo nei confronti della realtà cui l’artista applica la devianza come accesso a nuove esplosioni di significato. «Ho sempre discusso e scritto sulle cose che non funzionano perché era l'unico modo valido per chiudere il discorso arte-estetica» - scrive Agnetti - e definisce l’arte come «fenomeno di scelte» pari alla politica e le scienze e, come tale, coinvolto nel presente e indirizzato alla creazione di oggetti da intendersi quali «rammentatori» di processi di pensiero. Il mio contributo intende analizzare la pratica dell’artista basata sull'esercizio degli spazi fallaci delle logica e dei codici, soffermandosi su alcuni lavori tra cui La macchina drogata (1969) e la serie delle opere che da questa ‘derivano’ (Semiosi, Dissolvenze, Comete, Aritmetiche), mettendoli in relazione con il contesto socio-culturale con particolare riferimento alle ricerche dell’area concettuale e della Poesia concreta, impegnate in una ri-funzionalizzazione del linguaggio, dalla scrittura alla tecnologia. La Macchina drogata, costruita modificando una calcolatrice Divisumma Olivetti, sostituendo i numeri con delle lettere, è l’artefice di un combinarsi imprevedibile di sillabe. Secondo l’assunto per cui la somiglianza riafferma la differenza, l’aspetto della macchina, come pure la funzione di produrre segni, rimangono pressoché identici a quelle delle calcolatrici prodotte in serie, a cambiare è il contenuto. Il tradimento del codice numerico ribalta l’identità e lo scopo del mezzo tecnologico come pure la dinamica dell’aritmetica dei numeri, spezzando ogni consuetudine fino a fare dell’oggetto-opera «un fatto imperfetto che tende a far prevalere l'attuale sul reddito assiomatico».

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Pubblicato

2016-12-19

Come citare

Sylos Calò, C. (2016). Un fatto imperfetto: La Macchina drogata di Vincenzo Agnetti. Piano B. Arti E Culture Visive, 1(1), 255–275. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/6516