Per un nuovo linguaggio del desiderio: Mary Kelly, Sherrie Levine, Sarah Charlesworth e Barbara Kruger

Autori

  • Bianca Trevisan Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

DOI:

https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/6517

Parole chiave:

femminismo, feticismo, Lacan, genere, linguaggio

Abstract

Dalla seconda metà degli anni Settanta artiste quali Mary Kelly, Sherrie Levine, Sarah Charlesworth e Barbara Kruger, accomunate da un’ispirazione femminista di seconda generazione e da un solido impianto teorico, recuperano le teorie freudiane e lacaniane per applicarle, riadattandole, all’universo femminile. La denuncia della condizione di subalternità della donna non si limita a disvelare il maschilismo della società occidentale, ma mette in luce la difficoltà dell’artista a confrontarsi con un codice prettamente patriarcale. In tutte le operazioni delle artiste in questione, che sia la creazione di un’archeologia del quotidiano (Kelly), di arte di appropriazione (Levine), di rappresentazione dell’Assenza (Charlesworth) o di un sottile gioco linguistico (Kruger), è ripresa la polarità di Lacan: sotto il segno della presenza è l’uomo, sotto quello dell’assenza la donna, che diventa il suo feticcio, il piccolo oggetto a. Tale disparità conduce a meccanismi sadomasochisti e insieme rivela la difficoltà per l’istanza femminile di assumere un vocabolario autonomo, che non si definisca solo in relazione a quello maschile. Per superare questa diseguaglianza, concordano le artiste, occorre fondare un “nuovo linguaggio del desiderio” (Laura Mulvey, Piacere visivo e cinema narrativo, 1975) che travalichi le logiche di genere.

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Pubblicato

2016-12-19

Come citare

Trevisan, B. (2016). Per un nuovo linguaggio del desiderio: Mary Kelly, Sherrie Levine, Sarah Charlesworth e Barbara Kruger. Piano B. Arti E Culture Visive, 1(1), 276–295. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/6517