Nella terra dei Big Data: incursioni artistiche nell’invisibile
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/7962Parole chiave:
Big Data, Algoritmi, Data Art, Software Art, New MediaAbstract
Il motore dell’attuale “società del calcolo” (Cardon), e cioè i Big data e i software e gli algoritmi che li computano e calcolano, si regge su un principio di invisibilità che, tra le altre cose, riconfigura i rapporti tra esseri umani e tecnologie soprattutto in termini di percezione e comprensione delle seconde da parte dei primi. La “scatola nera” dei calcolatori rappresenta, in particolare, l’incarnazione di un limite (anche politico) alla possibilità di vedere e pensare la presenza della “macchina” che governa la nostra vita quotidiana, al di là degli effetti che essa produce. L’arte contemporanea ha tentato di reagire, spesso in modo polemico, a questa condizione: un lavoro orientato proprio a un superamento di questo limite visivo e, insieme, epistemologico, per mostrare l’operare dell’“intelligenza” della società del calcolo e dei dispositivi di rilevazione e osservazione su cui essa si fonda. Una produzione che mira, complessivamente, a sfondare un limite, per dare a vedere le “nuove immagini” dei big data e degli algoritmi, il modo in cui essi pensano, ci guardano e ci processano. Tra i casi di studio che il saggio prenderà in esame: il lavoro di Laura Poitras (in particolare la personale Astro Noise del 2016), opere di Julien Oliver e Jason Salavon, l’installazione Exit al Palais de Tokyo (2015).Downloads
Pubblicato
2017-12-30
Come citare
Malavasi, L. (2017). Nella terra dei Big Data: incursioni artistiche nell’invisibile. Piano B. Arti E Culture Visive, 2(2), 68–86. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/7962
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Articoli
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