Immagini del desiderio: August Strindberg e le Celestografie
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/8382Parole chiave:
Immaginario, Desiderio, August Strindberg, Evento, RêverieAbstract
Nel 1894 August Strindberg realizzò una serie di fotografie raccolte sotto il nome di Celestografie, le quali, affermava l’autore, sarebbero state ottenute esponendo semplicemente alcune lastre Lumière al cielo notturno, senza ricorrere ad alcun tipo di dispositivo. Ossessionato in quegli anni dall’idea di un’impressione a distanza, Strindberg si convinse di intravedere il cosmo là dove non vi era che polvere depositatasi sulla lastra, o l’effetto di un difetto nel liquido di sviluppo. Le immagini suggestive che le Celestografie rivelano non sono altro che una “rêverie materializzata”, come Douglas Feuk le definisce: esse esibiscono “un fatto e un desiderio” il cui valore è unicamente immaginario. Rispetto a questi “fatti” immaginari, in cui dato speculativo ed istanza desiderante divengono indiscernibili, cosa ne è del limite che separa immagine ed oggetto? Come afferma Maurice Blanchot, l’immaginario non è affatto il corrispettivo “irreale” della realtà da cui trae spunto: esso è piuttosto il circuito coestensivo a delle immagini-soglia, il confine impalpabile che il desiderio delinea arrestandosi “là dove la cosa ridiventa immagine”. Se le Celestografie segnalano un limite nella comprensione del proprio oggetto reale, esse, tuttavia, rivelano come alcune immagini non possano che essere viste “al limite”, secondo un fraintendimento fondamentale. “Vivere un evento in immagine” significa quindi cedere al fascino di un’apparizione reale e immaginaria, imbrigliata nella biforcazione che la implica e la infrange, un’“Immagine insostenibile, e anche, in questo senso, immagine limite e limite dell’immagine”.Downloads
Pubblicato
2018-06-30
Come citare
De Silvestri, E. (2017). Immagini del desiderio: August Strindberg e le Celestografie. Piano B. Arti E Culture Visive, 2(2), 98–115. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/8382
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