Roma Termini. Continuità e discontinuità nell’architettura italiana del primo Dopoguerra
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/8988Parole chiave:
architettura fascista, architettura del Dopoguerra, ricostruzione, Roma Termini, architettura organicaAbstract
Questo testo intende analizzare le diverse proposte progettuali presentate al concorso del 1946 per il completamento dell’edificio viaggiatori della stazione di Roma Termini. Iniziato nel 1937 su disegno di Angiolo Mazzoni e interrotto nei primi anni Quaranta in seguito allo scoppio della guerra, il progetto fu completato solo nel 1950, in seguito ad uno dei primi concorsi organizzati dell’Italia del Dopoguerra. Chiamato a completare la struttura iniziata in pieno regime fascista come uno dei principali punti, oltre all’E42, della politica mussoliniana per Roma, il progetto diventa la prima occasione istituzionale per gli architetti del Dopoguerra di relazionarsi direttamente col patrimonio architettonico del ventennio precedente. L’analisi delle proposte presentate, oltre che del progetto vincitore, permette così di valutare, alla scala del singolo episodio architettonico, come, fin da subito, termini quali continuità o discontinuità, siano destinati a diventare i poli entro i quali si svilupperà gran parte del successivo dibattito disciplinare. Nel 1957 infatti dalle colonne di «Casabella», intitolata ora «Casabella-continuità», Ernesto Nathan Rogers, parlerà di continuità o crisi in relazione al lascito di un Movimento Moderno ormai esaurito nella propria missione, così come, nel 1964, Manfredo Tafuri, in una una monografia dedicata a Ludovico Quaroni, individuerà in continuità e crisi i tratti distintivi della cultura architettonica italiana del primo Dopoguerra.Downloads
Pubblicato
2019-01-30
Come citare
Trentini, M. (2018). Roma Termini. Continuità e discontinuità nell’architettura italiana del primo Dopoguerra. Piano B. Arti E Culture Visive, 3(1), 142–161. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/8988
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