L’Approdo televisivo e l’arte del Novecento
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/9221Parole chiave:
“L’Approdo”, Televisione, Arte contemporanea, RAI, XX secoloAbstract
Dal 1963 al 1972 la Rai manda in onda, prima sul Programma Nazionale, poi sul Secondo Programma, la trasmissione culturale L’Approdo. Settimanale di Lettere e Arti, nata originariamente come trasmissione radiofonica (1945-1977), alla quale negli anni Cinquanta si affianca l’omonima rivista cartacea pubblicata dall’ERI (1952-1954; 1958-1977), nel cui comitato direttivo compaiono, tra gli altri, Roberto Longhi, Emilio Cecchi, Riccardo Bacchelli, Giuseppe Ungaretti. L’Approdo televisivo è dunque parte di un progetto culturale longevo e di ampio respiro, che vede alcuni tra gli intellettuali più autorevoli nel panorama nazionale alle prese con le nuove possibilità di racconto e divulgazione offerte dalla TV. Benché l’ambito privilegiato del programma sia quello letterario, le arti visive vi giocano un ruolo decisivo: l’articolo riflette su quest’ultimo aspetto, con l’obiettivo di analizzare la politica culturale della trasmissione in relazione all’arte contemporanea, alla luce dell’indirizzo educativo e pedagogico della televisione italiana degli anni Sessanta. Grazie alla consultazione sistematica del Catalogo Multimediale delle Teche Rai, vengono presi in esame gli artisti, le tendenze e le rassegne espositive affrontati dal programma e vengono analizzati i modelli e i generi attraverso cui L’Approdo ha trattato e divulgato l’arte del XX secolo, traducendola secondo i linguaggi specifici della televisione, per un pubblico più vasto e composito rispetto a quello degli attori e dei fruitori abituali del sistema dell’arte. L’Approdo televisivo è un caso di studio particolarmente significativo, da un lato, perché il programma è di per sé una fonte utile per la storiografia artistica, dall’altro, perché la sua analisi consente di misurare la distanza tra la fortuna storico-critica e quella televisiva di artisti, temi e correnti della contemporaneità.
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