Arte di Stato durante il regime fascista: una storia di fallimenti nel segno dei meccanismi del "consenso"

Autori

  • Fabio Benzi Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara

DOI:

https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/8990

Parole chiave:

Arte di Stato, arte fascista, Margherita Sarfatti, Cipriano Efisio Oppo

Abstract

Il concetto di “Arte di Stato” applicato al fascismo è ambiguo, e a un’indagine filologica risulta, contrariamente alle vecchie e tradizionali ipotesi critiche, che tutti i tentativi di realizzarla (da Margherita Sarfatti a Roberto Farinacci) durante il ventennio furono esautorati dallo stesso Mussolini e dalle politiche attuate dai suoi delegati in tal senso (Oppo, Bottai, Piacentini). In realtà la politica del “consenso” risultò più pervasiva e più utile del controllo autoritario sull’espressione artistica, e una politica di relativa libertà estetica, associata a un aiuto diffuso e capillare agli artisti e a un paternalistico “soft-power”, fruttò al regime un largo consenso senza particolari costrizioni, generando una situazione completamente differente se paragonata alle parallele dittature del tempo.

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Pubblicato

2019-01-30

Come citare

Benzi, F. (2018). Arte di Stato durante il regime fascista: una storia di fallimenti nel segno dei meccanismi del "consenso". Piano B. Arti E Culture Visive, 3(1), 162–186. https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/8990