Daydream. Esclusione del reale e flusso di coscienza nella realtà virtuale
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2531-9876/14306Parole chiave:
Information overload, daydream, immediatezza, immersione, focusAbstract
Uno degli aspetti più affascinanti e contraddittori della realtà virtuale (VR) è la sua capacità di conciliare immediatezza e ipermediazione: ipermediata perché la realtà a cui consente di accedere è interamente costruita e fatta di oggetti mediali, e perché l’accesso è mediato da dispositivi, la VR è immediata perché coinvolge pienamente i sensi a cui si rivolge, escludendo altri stimoli esterni. Questo aspetto di esclusione è cruciale per capire la natura e le potenzialità del VR: oggi, immergersi nella VR vuol dire non solo estraniarsi dalla realtà, ma estraniarsi da una realtà intasata da flussi di informazione, stimoli sensoriali, dirottamenti dell’attenzione; vuol dire, in altre parole, ricreare artificialmente le condizioni della concentrazione e del daydream, quel sognare a occhi aperti reso inaccessibile, secondo le neuroscienze, dall’iperattività e dal sovraccarico informativo. Un daydream guidato e costruito dall’autore dell’ambiente VR, fondato su un rapporto inedito tra opera e fruitore e proprio per questo in grado di sollecitare una nuova autonomia e capacità di divagazione. Portando a esempio alcune opere d’arte VR, questo saggio intende dimostrare come la realtà virtuale, spesso associata al surrealismo per la sua capacità di dare vita a mondi alternativi e di ospitare frammenti di inconscio, sia piuttosto analoga al “sogno meridiano” della metafisica dechirichiana, come esso in grado di sollecitare flussi di coscienza, sguardo interiore e pensiero astratto.
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